La promozione dei piatti veg? Sta tutto nel nome
Sappiamo che adottare un’alimentazione vegetale (o più vegetale) è urgente per fermare la sofferenza degli animali, ridurre drasticamente il nostro impatto sul Pianeta e migliorare la nostra salute. Ma i cibi e i piatti veg non sempre vengono visti di buon occhio, tant’è che spesso vengono presentati come meno gustosi e saporiti. Per questo motivo, chi mangia carne non è molto invogliato a provarli e questo impedisce a tante persone di dare una possibilità all’alimentazione vegetale.
Ma in nostro aiuto arriva uno studio del Better Buying Lab, parte del programma sul cibo del World Resources Institute, che per due anni ha esaminato approfonditamente ciò che funziona e ciò che non funziona nel modo in cui ristoranti e industria alimentare descrivono piatti e prodotti plant-based. I risultati identificano alcuni tipi di linguaggio da evitare e altri da adottare per aiutare a promuovere le vendite.

Consigli su cosa funziona
Tra i consigli su cosa è meglio fare compare quello di mettere sotto i riflettori il sapore. Le parole dovranno far venire l’acquolina in bocca, quindi servirà esaltare gli ingredienti saporiti, i metodi di cottura che mettono in risalto il sapore o un’interessante combinazione di sapori possono attrarre particolarmente. Allo stesso tempo bisognerà enfatizzare l’aspetto e la sensazione di un piatto: un’insalata “arcobaleno”, ad esempio, crea l’aspettativa di un piatto fresco, ricco di sapori e visivamente vivace.
Ma anche la sensazione gustativa è importante da sottolineare: usare linguaggio allettante come “che si scioglie in bocca”, oppure “cremoso” e “croccante” può essere accolto molto positivamente, aiutando a superare i pregiudizi secondo cui i cibi veg sono poco gustosi. Infine, secondo gli studiosi, anche segnalare la provenienza di un piatto — ricordiamoci che è una ricerca realizzata tra Stati Uniti e Gran Bretagna — può spingere molti a scegliere un piatto vegetale.
Consigli su cosa è meglio non fare
Tra le espressioni da non usare c’è “meat-free”, “senza carne”. Questa dicitura non funzionerebbe perché è come dire che ci sarà meno sapore. L’esempio che i ricercatori portano è quello di un piatto offerto da un café di Sainsbury’s, una famosa catena di supermercati britannica. Per anni la catena ha offerto un piatto dal nome “Meat-Free Sausage and Mash”, salsicce “senza carne” e purè e per un breve periodo ha testato diversi nomi per capire quale fosse il più efficace. Il migliore è stato “Cumberland-Spiced Veggie Sausage & Mash”, cioè “Salsicce vegetariane speziate alla Cumberland con purè”. Quindi enfatizzare l’assenza di carne quando si vuole attirare delle persone che normalmente la mangiano è controproducente, mentre fornire informazioni sul sapore è positivo.
Un’altra espressione da non usare è “healthy”, “salutare”, che andrebbe a indicare implicitamente che quel piatto è meno saporito. Le verdure e i piatti che ne sono ricchi sono considerati noiosi e insipidi, per questo evidenziare i benefici per la salute di questi alimenti può aumentare la percezione negativa verso di essi.
E voi? Quale tipo di linguaggio vi attira di più quando leggete un menu?